Ipotizzata una connessione tra il russare profondamente e l’insorgere anticipato del deterioramento cognitivo lieve e dell’Alzheimer.
Una ricerca del NYU Langone Medical Center di New York getta una nuova luce su quella che da molti viene considerata soltanto una delle caratteristiche legate al passare degli anni: russare. I problemi respiratori durante il sonno sono molto comuni in chi è più avanti con l’età e affliggono circa il 52% degli uomini e il 26% delle donne.
Nel corso della sperimentazione, pubblicata sul giornale dell’American Academy of Neurology, i ricercatori hanno esaminato la storia clinica di 2.470 persone tra i 55 e i 90 anni. I partecipanti sono stati suddivisi in tre categorie: coloro che non mostravano alcun segno di decadimento della memoria e della capacità di pensiero, chi soffriva di deterioramento cognitivo lieve (MCI) e coloro ai quali era stato già diagnosticato l’Alzheimer.
Inoltre sono stati comparati i dati relativi a chi aveva problemi respiratori notturni non curati con quelli di coloro che durante il sonno avevano una respirazione normale e ancora quelli riguardanti i non curati rispetto a chi invece utilizzava un metodo di ventilazione respiratoria denominato CPAP (ventilazione meccanica a pressione positiva delle vie aeree) per il trattamento delle apnee notturne.
Al termine dell’esame della documentazione clinica dei partecipanti è emerso che per chi aveva problemi di respirazione notturna la diagnosi di MCI era arrivata circa 10 anni prima rispetto a chi non li aveva. Per esempio, quando i ricercatori hanno esaminato soltanto i volontari con MCI o Alzheimer hanno rilevato che l’età media alla quale era insorto il deterioramento cognitivo lieve per coloro con problemi respiratori era di 77 anni contro i 90 di chi nella notte respirava regolarmente.
Per quanto riguarda l’Alzheimer, invece, per chi russava profondamente o soffriva di apnee notturne l’esordio della malattia risultava anticipata di cinque anni a un’età media di 83 anni contro gli 88 di chi non presentava alcun tipo di problema respiratorio. Inoltre sono state comparate le persone in terapia con macchine per CPAP e quelle che non vi si erano mai sottoposte. In questo caso è stato rilevato che l’insorgere di MCI era ritardato di 10 anni per chi utilizzava il metodo di ventilazione respiratoria (82 anni contro 72 in media). «L’età della comparsa del MCI nelle persone trattate con CPAP – ha dichiarato Ricardo Onorio, a capo della ricerca – è pressoché identica a quella di chi non ha mai avuto problemi di respirazione notturna.
Questo ci porta a pensare che l’impiego della ventilazione potrebbe prevenire o per lo meno ritardare i problemi mnemo-cognitivi». «È bene però ricordare – ha sottolineato ancora Onorio – che il nostro è stato uno studio osservazionale e che in quanto tale non indica con certezza un rapporto di causa ed effetto. In ogni caso da ora in poi ci concentreremo sulla ricerca degli effetti della CPAP sul declino della memoria e del pensiero e contemporaneamente rivolgeremo la nostra attenzione ai marker specifici di deterioramento e morte delle cellule cerebrali».
A cura di Emanuela Di Pasqua